Una vela per tutti

:: Una vela per tutti [Di Aniello Raiola]

Il 2003 è stato proclamato anno europeo per le persone disabili. L’obiettivo è quello di promuovere la salute con azioni concertate tra diversi soggetti pubblici e privati con il fine di creare pari opportunità per ogni persona come condizione essenziale di uno sviluppo complessivo della società.

Li ho conosciuti sette anni fa a Fiumicino, quando proposero di istituire un corso di preparazione per la patente nautica. Giorgio D’Orazi era allora presidente di un’Associazione denominata “Mareaperto”, nata nel 1989 da una conferenza dibattito intitolata “il mare come psicoterapia” e dalla tenace passione di Giorgio stesso per la vela. Infatti, D’Orazi era un abile tennista, che, persa una gamba in un incidente stradale, è tornato al vecchio amore per la vela e ha dato vita all’Associazione “Mareaperto”, che si occupa fondamentalmente di corsi di avvicinamento e sensibilizzazione alla vela per operatori socio-sanitari e persone con diverse disabilità.
“ Con un braccio – dice Giorgio – puoi spostare una grande cosa, quasi senza fatica. Certo non ho gli ostacoli che trovi a terra ad ogni pie’ sospinto”. La vela per l’handicap fisico potrebbe sembrare un’impresa eccessiva – dicono quelli di Mareaperto –, quasi una provocazione, una prova straordinaria

per superare il disagio dovuto all’handicap, un tentativo per raggiungere la normalità attraverso un’impresa fuori del comune … oppure significa semplicemente andare per mare, scegliere il mare come vita, come possibilità di espressione e non come sfida. Se il mare è un linguaggio, le sue parole sono i sensi: “sentire” il vento e dargli una forma con una vela; è un corso ad immersione totale dove ciò che chiamiamo natura ha una sua prepotente presenza. Non tutti i ruoli richiedono agilità e forza: opportuni accorgimenti tecnici consentono a vari tipi di handicap, sensoriali e motori, di stare per esempio al timone e nuove mansioni si aggiungono a questa come le comunicazioni via radio, la meteorologia, la determinazione della rotta. Anche nel caso di passeggero-spettatore non c’è mai partecipazione passiva, proprio per la globalità dell’esperienza intesa sia in termini sensoriali che di relazione. La relazione: l’estraneità dell’ambiente marino rende nuova e diversa la presenza dell’Altro. È un Altro ravvicinato, in uno spazio compresso, indossa ruoli sconosciuti, è un Altro con il quale si deve “cooperare”.

La barca diventa in questo modo un acceleratore sociale, un moltiplicatore delle dinamiche di gruppo: la vela si avvicina così alla terapia e dà un senso compiuto al termine “integrazione”.
Gli aspetti terapeutici più evidenti, racconta D’Orazi, notati nelle esperienze finora avute, sono stati: il cambiamento di stato, cioè un nuovo ambiente con nuovi stimoli sensoriali, il vento, il silenzio, il costante riequilibrio del corpo, un’esperienza fortemente emotiva e personale che trascende le parole e popola lo spazio vuoto dei pensieri; la dinamica di gruppo, vale a dire le scelte, i rifiuti, gli stili diversi, la cooperazione, che non si risolvono in generica socializzazione, ma in qualcosa che si avvicina alla psicoterapia senza la coazione della seduta clinica; la riabilitazione, la conoscenza del proprio corpo e del proprio equilibrio, con la possibilità di compiere movimenti e gesta altrimenti dimenticati; l’autonomia, la possibilità di comandare una grossa imbarcazione con un minimo sforzo, evitando l’uso di protesi (per es. la sedia a rotelle) indispensabili a terra.
Ecco che si comprendono meglio gli scopi statutari di questa particolare ONLUS: promuovere la conoscenza del mare, della vela e delle attività nautiche in genere, sviluppare attività terapeutiche e ricreative attraverso la vela, mirando non solo all’acquisizione di abilità tecniche, ma alla realizzazione di programmi di integrazione.
L’Associazione è formata da persone con disabilità motorie, non vedenti, operatori sociali, psicologi, sociologi, fisioterapisti, medici, un meteorologo e diversi skipper. Tutte queste persone sono state formate con corsi specifici, hanno già esperienza nel campo dell’intervento sociale per persone disabili e, coniugando le due diverse attività, presentano le perfette caratteristiche per la messa in atto di nuovi corsi per persone con handicap.
I corsi, articolati in vari livelli, sono accessibili a quasi tutti i tipi di handicap, escludendo le forme gravi di cardiopatia ed epilessia e al loro termine viene rilasciato un attestato del grado di preparazione nautica raggiunto.

Affinché l’esperienza non risulti episodica, l’Associazione organizza anche partecipazione a regate e ad altre manifestazioni nautiche, come convegni e fiere.
Tra gli obiettivi dell’Associazione figura anche la ricerca di nuovi ausili tecnici ed equipaggiamenti che favoriscano l’accesso, l’autonomia e i movimenti dei disabili a bordo.
Infatti, di recente Mareaperto ha realizzato il suo antico sogno (attualmente esposto alla Biennale di Venezia): una barca a vela conducibile in totale autonomia, completamente attrezzata e accessibile a persone con difficoltà motorie (Piviere 660), dotata di sellini scorrevoli e facilitazioni per la discesa sotto coperta e di speciali dispositivi per la fruizione di tutti i servizi.
È in corso di realizzazione, inoltre, una particolare gru in carbonio, amovibile e portatile (peso complessivo pari a 40 Kg.), per l’imbarco/sbarco di disabili motori in qualsiasi tipo di porto.
E finalmente le cose si muovono anche sul fronte normativo: infatti, la nuova legge sul diporto nautico ha previsto tra i criteri direttivi per la stesura del Codice unico sulla nautica, la revisione dei requisiti fisici per il conseguimento della patente nautica con particolare riguardo alle persone disabili.
L’attuale allegato “A” al D.P.R. n. 431/1997, recante i requisiti fisici e psichici per il conseguimento della patente nautica è penalizzante per i disabili, soprattutto se si pensa che in altri Paesi come Francia, Inghilterra e Spagna, non esiste alcuna normativa che limiti l’utilizzo e il comando di unità da diporto da parte di disabili.
La proposta di Mareaperto in proposito è che non siano previste patologie – soprattutto quelle motorie – assolutamente ostative al conseguimento della patente nautica, ma che si proceda, in sede di prova pratica, a valutare concretamente, caso per caso, se il candidato sia in grado di svolgere prontamente e con sicurezza il suo ruolo di comando o se non siano necessarie particolari prescrizioni o adattamenti, come ad esempio la presenza a bordo di una o più persone maggiorenni non disabili o postazioni in barca adattate attraverso appositi sostegni per la schiena e cinghie di trattenuta che garantiscono l’equilibrio del busto.
In definitiva, il concetto propugnato da Mareaperto è che il mare non ha barriere architettoniche, a meno che non le creiamo noi con normative discriminatorie.

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